La mancata adozione del Modello 231: quali sanzioni?

di Roberto Sorcinelli

Il Decreto Legislativo 231 del 2001[1] ha introdotto e disciplinato la responsabilità da reato degli enti, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica.

Si tratta di una responsabilità diretta ed autonoma rispetto a quella dell’autore materiale del reato, fondata sul concetto di “colpa in organizzazione”, ossia una carenza, una falla nell’organizzazione della società che abbia in qualche modo reso possibile la realizzazione del reato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da parte di persone legate all’impresa (in posizione apicale o subordinata).

Le conseguenze per l’impresa nel caso in cui venga commesso un reato nel suo interesse possono essere assai gravi, sia sotto il profilo economico (sanzioni pecuniarie), sia sotto il profilo operativo (sanzioni interdittive).

Le sanzioni pecuniarie possono variare da un minimo di 10.329 euro ad un massimo di 1.549.370 euro.

Le sanzioni interdittive, invece, sono (art. 9):

a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;

c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Addirittura è prevista la possibilità di applicare le sanzioni interdittive in via definitiva (art. 16): ad esempio, può essere disposta l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività se l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività.

È poi prevista la possibilità che il giudice disponga la pubblicazione della sentenza di condanna (art. 18), con grave discredito reputazionale per l’impresa.

Infine, con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca del prezzo o del profitto del reato, anche per equivalente (art. 19).

 

L’esclusione della responsabilità: l’adozione del Modello Organizzativo.

Si è detto che l’impresa risponde per i fatti commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da soggetti legati all’impresa, sia in posizione apicale che subordinata.

Nel primo caso (soggetti apicali[2]) l’ente non risponde se prova che:

a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).

Qualora, invece, il reato sia stato commesso da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti apicali, l’ente è responsabile soltanto se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

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Note:

[1] D.lgs. 8 giugno 2001 n° 231, in G.U. 19/06/2001.

[2] Art. 5 lett. a): «persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso».

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